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Mathew Ingram agli Editori: Don’t Blame The Rain Because It’s Raining

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Secondo Mathew Ingram gli editori sbagliano a incolpare Google per qualcosa che è ineluttabile, ma che allo stesso tempo “non è la fine del mondo” come dirà Luca De Biase al termine della conferenza.
Capiremo cosa intende Luca con quelle parole, ma partiamo da cosa si è detto durante il panel al Festival Internazionale del Giornalismo dal titolo: Google – friend or foe to the news industry?

Claudio Giua [Innovation Director del Gruppo L'Espresso]:

“Google è un editore, quindi un competitor per le inserzioni”

Tra gli esempi portati a favore della tesi, il Google Graph e i risultati di una ricerca per “cinema” in una qualsiasi città. Quello che viene visualizzato è, secondo Giua, un prodotto editoriale.

Ci si è concentrati anche sugli snippet di Google News accusati di togliere traffico ai giornali.

Mathew Ingram:

“Se gli utenti non cliccano sugli snippet il problema non è di Google ma degli editori.”

Di nuovo, sono gli editori che non si pongono nella giusta prospettiva: per vincere bisogna fare gli interessi dell’utente, Google lo ha capito benissimo e Peter Barron [head of external relations for EMEA di Google] lo rende esplicito:

Altre due dichiarazioni di Barron sono molto importanti:

  • Nella pagina in cui vengono visualizzati gli snippet non c’è pubblicità
  • Quello che Google ricava attraverso la pubblicità che deriva dal traffico portato verso i giornali è solo una percentuale di quanto beneficiano gli editori. In altre parole, se Google guadagna X attraverso la pubblicità presente nelle pagine degli editori, loro guadagnano X+n.
  • Editoria, Innovazione e Rete

    Durante il panel, in più occasioni è stato sottolineato il fatto che gli editori non sono stati capaci di innovare se stessi per molto tempo. Al termine del panel ho avuto occasione di approfondire con Luca De Biase, chiedendogli se qualche editore si stia seriamente predisponendo nell’ottica di innovare, creare nuovi modelli di business.

    La risposta di Luca è stata:

    “Non possono più farne a meno, non c’è più tempo. Bisogna sedersi attorno a un tavolo e trovare il modo per tornare in gara ripensando il sistema editoriale dalle radici.”
    Non esistono ricetto o formule pronte ma si possono creare le premesse e le condizioni affinché l’innovazione emerga.

    Gli editori non potranno esistere senza la Rete, questo si spera che sia finalmente chiaro a tutti, perché i volumi e i profitti del cartaceo sono già stati erosi fin oltre il limite sopportabile.

    Dunque gli editori per sopravvivere devono trovare in tempi brevi il modo per migrare verso il digitale.
    Cosa ci insegna Google a questo proposito? Operare nell’interesse dell’utente. Questo non vuol dire lavorare gratis o non produrre utili, difatti Google produce utili elevatissimi.

    Peter Barron ha fatto altre due affermazioni che potrebbero costituire il punto di partenza per il futuro degli editori:

    No plans to get into journalism.

    We are a tech company, we would be vary bad at journalism.

    Google è una tech company, non sa fare e non vuole fare giornalismo.
    Gli editori possono creare valore con quello che solo loro sono in grado di fare e mettere quel valore a disposizione degli utenti in forme completamente nuove.
    Bando agli adattamenti delle notizie dal cartaceo, serve nuova linfa, nuovi schemi, e una volta che quel valore sarà in circolo, saranno gli utenti stessi a riconoscerlo e ricompensarlo perché sarà proprio quello di cui avevano bisogno ma che ancora non c’era.

    Google mette in difficoltà gli operatori ma come dice Luca, non è la fine del mondo. La partita è ancora aperta, per vincerla non si può sperare che le leggi impongano che vecchie dinamiche rimangano valide.
    Il futuro degli editori è comprendere le nuove dinamiche e creare nuova editoria.

    PS1.
    Nella immagine del post, le cinque cose che secondo Mathew Ingram gli old media possono imparare dai new media, presentate nel suo keynote dal titolo “Teaching the fish how to walk”. La visione del video è caldamente consigliata a tutti gli editori.

    PS2.
    Avevo scritto questo post prima di poter leggere quanto ha scritto Luca De Biase, con cui c’è una evidente sintonia sull’argomento. Il suo post si intitola “Non sono gli avvocati a salvare i giornali. Gli editori e Google.
    Un estratto ma consiglio leggere il post integrale:

    “Sta di fatto che gli editori non si salveranno senza innovare. E su questo non ci sono dubbi. Anche Giua ha ammesso che gli editori sono arrivati ad affrontare il mercato ipercompetitivo attuale con una mentalità antica e faticano ad adeguarsi. Ebbene: questo è il loro principale problema e la concorrenza di Google l’ha semplicemente reso evidente. Gli editori devono darsi una mossa. In fretta.”

    EDIT

    Questa è la mia lettura del panel che si è tenuto al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, non pretende di essere né oggettiva né esaustiva di tutti i temi che sono stati affrontati.
    Se non avete potuto assistere in diretta o se volete farvi una vostra idea, è disponibile il video integrale di quanto si è detto nella sala dei Notari.

    Clicca qui per vedere il video incorporato.

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